Ricorso  per  la Regione Piemonte, in persona della Presidente pro
tempore  Mercedes  Bresso, autorizzata con deliberazione della Giunta
regionale  n. 24-9750  del  16  ottobre 2008, rappresentata e difesa,
tanto  unitamente quanto disgiuntamente, dagli avv. Giovanna Scollo e
Gabriele  Pafundi,  ed elettivamente domiciliata presso il secondo in
Roma, viale Giulio Cesare n. 14;
   Contro  il  Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, per
la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  della  legge 6
agosto  2008,  n. 133 di conversione in legge, con modificazioni, del
decreto  legge  25  giunto 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti
per  lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la
stabilizzazione  della finanza pubblica e la perequazione tributaria;
pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  21  agosto  2008, n. 195, con
riferimento agli artt. 11, 13 e 61, ottavo e nono comma.
                              F a t t o
   Nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 195  del  21  agosto  2008 e' stata
pubblicata  la  legge  n. 133/2008 di conversione, con modificazioni,
del  decreto-legge  25  giugno  2008,  n. 112,  recante  disposizioni
urgenti   per   lo   sviluppo   economico,   la   semplificazione  la
competitivita',  la  stabilizzazione  della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria.
   Detta legge, reca in particolare le disposizioni di cui agli artt.
11,  13  e  61,  ottavo e nono comma, che la Regione Piemonte ravvisa
lesive della propria sfera di competenza per i seguenti
                             M o t i v i
Sull'art. 11, secondo comma, violazione dell'art. 117, quarto e terzo
comma Cost.
   Il  primo comma dell'art. 11 (piano-casa), stabilisce; «al fine di
garantire   su   tutto  il  territorio  nazionale  i  livelli  minimi
essenziali  di  fabbisogno  abitativo  per  il  piano  sviluppo della
persona  umana, e' approvato con decreto del Presidente del Consiglio
dei  ministri,  previa delibera del Comitato interministeriale per la
programmazione   economica   (CIPE)  e  d'intesa  con  la  Conferenza
unificata  di  cui  all'articolo  8 del decreto legislativo 28 agosto
1997,  n. 281,  e  successive modificazioni, su proposta del Ministro
delle   infrastrutture   e   dei  trasporti,  entro  sessanta  giorni
dall'entrata  in  vigore  della  legge  di  conversione  del presente
decreto,  un piano nazionale di edilizia abitativa». Cosi' facendo lo
Stato  rivendica  a  se,  sotto  il  profilo delle determinazione dei
livelli  minimi  essenziali di fabbisogno abitativo, la competenza ad
approvare un piano nazionale di edilizia abitativa.
   Il  successivo  secondo comma, tuttavia lungi dal dettare principi
fondamentali   nella   materia   dell'edilizia   abitativa,   qualora
sussumibile,  come  evidenziato  da  Codesta  ecc.ma  Corte (sentenza
n. 362/03),  nella  potesta'  legislativa  concorrente delle regioni,
esprime   dettagliatamente  e  con  elencazione  tassativi  requisiti
soggettivi  ed  oggettivi  dei  beneficiari  di  tali  interventi  di
edilizia  abitativa  cosi' illegittimamente comprimendo le competenze
regionali.
   Sotto  altro  profilo,  vi  e'  da  dire  che,  seppure l'edilizia
abitativa  rientra nella materia a legislazione regionale concorrente
del  «governo  del  territorio»  di  cui al terzo comma dell'art. 117
Cost.,  qualora  vengano  in  evidenza  il  carattere «sociale» della
stessa, si verterebbe in materia di politiche sociali dell'abitazione
con particolare riferimento all'aspetto assistenziale con conseguente
violazione del quarto comma dell'art. 117 Cost.
Sull'art. 13, violazione dell'art. 117 Cost. quarto e sesto comma.
   La  norma riprende pressoche' integralmente il contenuto dell'art.
1,  commi  da  597  a 600, della legge 23 dicembre 2005 n. 266 (legge
finanziaria  2006),  gia'  dichiarati  incostituzionali  con sentenza
n. 94/2007. Come gia' ivi evidenziato, «le norme impugnate riguardano
la  materia edilizia residenziale pubblica non ricompresa nel secondo
e nel terzo comma dell'art. 117 Cost.». Piu' in particolare «il terzo
livello  normativo,  rientrante nel quarto comma dell'art. 117 Cost.,
riguarda   la   gestione   del  patrimonio  immobiliare  di  edilizia
residenziale  pubblica  di  proprieta' degli Istituti autonomi per le
case  popolari  o degli altri enti che a questi sono stati sostituiti
ad opera della legislazione regionale».
   Il  primo  comma  dell'art.  13, al pari del comma 597 dell'art. 1
della  finanziaria  2006,  si  pone  l'obiettivo della valorizzazione
degli  immobili costituenti il patrimonio degli Istituti autonomi per
le  case  popolari. Tale valorizzazione deve essere ottenuta mediante
la  semplificazione  delle  procedure in materia di alienazione degli
immobili  di  proprieta'  degli  Istituti medesimi. La specificazione
delle  modalita'  di semplificazione e' demandata alla conclusione di
accordi  in  sede di Conferenza unificata «Il fine della disposizione
in  esame non e' quello di dettare una disciplina generale in tema di
assegnazione  degli  alloggi  di  edilizia  residenziale pubblica, di
competenza  dello Stato ....., bensi' quello di regolare le procedure
amministrative   e   organizzative  per  arrivare  ad  una  rapida  e
conveniente   cessione   degli  immobili.  Si  tratta  dunque  di  un
intervento  normativo  dello  Stato  nella  gestione degli alloggi di
proprieta' degli I.A.C.P. (o di altri enti o strutture sostitutivi di
questi),  che  esplicitamente  viene motivato dalla legge statale con
finalita'   di   valorizzazione  di  un  patrimonio  immobiliare  non
appartenente  allo  Stato,  ma  ad enti strumentali delle regioni. Si
profila   pertanto  un'ingerenza  nel  terzo  livello  di  normazione
riguardante  l'edilizia residenziale pubblica, sicuramente ricompreso
nella  potesta'  legislativa  residuale  delle  regioni, ai sensi del
quarto  comma  dell'art.  117 Cost.». Va da se' che la previsione del
raggiungimento  di  un accordo in sede di Conferenza unificata non e'
satisfattivo  dell'esercizio  della  potesta'  legislativa  residuale
rivendicata di fronte alla quale recede.
   Il  comma  successivo, analogamente ai comma 598 dell'art. 1 della
finanziaria  2006, fissa alcuni criteri (determinazione del prezzo di
vendita  in  proporzione  al  canone di locazione, riconoscimento del
diritto  di  opzione  all'acquisto  in  favore  dell'assegnatario non
moroso  unitamente al coniuge se in regime di comunione ovvero, se lo
stesso   rinunzia,   gradatamente  al  coniuge  anche  in  regime  di
separazione  dei  beni,  convivente  more  uxorio  da  5  anni, figli
conviventi  e  non; destinazione dei proventi ad alleviare il disagio
abitativo).  Trattandosi  di  «criteri  destinati  ad  incidere sulle
procedure  amministrative  inerenti  l'alienazione  degli immobili di
proprieta'  di  enti  regionali,  e  non  gia'  a  regolare  rapporti
giuridici  di natura privatistica, la competenza regionale in materia
e'  stata  gia' riconosciuta dalla giurisprudenza di questa Corte (si
veda,  ad  esempio,  la  sentenza n. 486 del 1995) e non v'e' spazio,
pertanto,   per  una  normativa  statale  che  si  sostituisca  o  si
sovrapponga   a   quella   delle  regioni,  tutt'ora  in  vigore.  Se
l'alienazione  degli  alloggi  deve  essere  considerata,  come si e'
visto,  indissolubilmente  connessa  con  l'assegnazione degli stessi
(sentenza   n. 486   del   1995),   e   se   la  disciplina  organica
dell'assegnazione  e  cessione degli alloggi di edilizia residenziale
pubblica  costituisce,  in  linea  di  principio,  espressione  della
competenza spettante alla regione in questa materia (ordinanza n. 104
del  2004),  la  disciplina  delle  procedure amministrative tendenti
all'alienazione  non  rientra  nell'ordinamento civile ma deve essere
ricondotta  al  potere  di  gestione  dei  propri  beni e del proprio
patrimonio, appartenente in via esclusiva alle regioni».
   Anche  il  comma  3-bis  dispone in modo dettagliato in ambito che
spetta  al  legislatore regionale disciplinare nel modo piu' aderente
alle situazioni economico-sociali riscontrate localmente.
   Da cui la violazione del quarto e sesto comma dell'art. 117 Cost.
Sull'art.  61,  commi  8 e 9 violazione dell'art. 117, quarto e sesto
comma e 119, primo comma della Costituzione.
   L'art. 92, comma 5, del d.lgs. n. 163/2006 e ss.mm.ii. (Codice dei
contratti  pubblici)  prevede che «una somma non superiore al due per
cento  dell'importo  posto a base di gara di un'opera o di un lavoro,
comprensiva  anche degli oneri previdenziali e assistenziali a carico
dell'amministrazione, a valere direttamente sugli stanziamenti di cui
all'art.  93, comma 7, e' ripartita, per ogni singola opera o lavoro,
con  le  modalita'  e  i  criteri  previsti in sede di contrattazione
decentrata e assunti in un regolamento adottato dall'amministrazione,
tra il responsabile del procedimento e gli incaricati della redazione
del  progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori,
del  collaudo,  nonche'  tra  i  loro  collaboratori.  La percentuale
effettiva,  nel  limite  massimo  del due per cento, e' stabilita dal
regolamento in rapporto all'entita' e alla complessita' dell'opera da
realizzare.   La   ripartizione  tiene  conto  delle  responsabilita'
professionali connesse alle specifiche prestazioni da svolgere.
   Le  quote  parti della predetta somma corrispondenti a prestazioni
che  non  sono  svolte  dai predetti dipendenti, in quanto affidate a
personale   esterno   all'organico   dell'aniministrazione  medesima,
costituiscono  economie.  I  soggetti  di  cui  all'art. 32, comma 1,
lettere  b) e c), possono adottare con proprio provvedimento analoghi
criteri».
   Gli  stanziamenti di cui all'art. 93, comma 7, sono negli stati di
previsione e spesa delle singole stazioni appaltanti.
   Posto  che  le competenze e le responsabilita' in materia di opere
pubbliche  sono  ripartite  tra Stato, regioni ed enti territoriali e
che,  come  gia'  autorevolmente  affermato  da  codesta ecc.ma Corte
(sentenza  n. 401/07),  «le  disposizioni contenute nel d.lgs. n. 163
del  2006,  per  la  molteplicita' degli interesse perseguiti e degli
oggetti   implicati,   non   siano  riferibili  ad  un  unico  ambito
materiale»,  non  vi  e'  dubbio  che  la  disposizione appena citata
inerisce  all'organizzazione  amministrativa,  ambito  di  materia di
competenza  residuale  delle  Regioni che, appunto, hanno ritenuto di
applicarla ai propri dipendenti previo espresso recepimento con fonti
di  natura  ove legislativa, ove regolamentare, previo accordo con le
organizzazioni sindacali.
   I commi 8 e 9 dell'art. 61 della legge n. 133/08 stabiliscono che,
«a   decorrere   dal   l°   gennaio  2009,  la  percentuale  prevista
dall'articolo 92, comma 5, del codice dei contratti pubblici relativi
a  lavori,  servizi  e  forniture,  di  cui al decreto legislativo 12
aprile  2006  n. 163,  e'  destinata nella misura dello 0,5 per cento
alle  finalita'  di  cui  alla  medesima  disposizione e nella misura
dell'1,5  per  cento e' versata ad apposito capitolo dell'entrata del
bilancio dello Stato» comma 8.
   E  che  «il  50  per  cento  del  compenso spettante al dipendente
pubblico  per  l'attivita' di componente o di segretario del collegio
arbitrale  e'  versato direttamente ad apposito capitolo del bilancio
dello   Stato,  il  predetto  importo  e'  riassegnato  al  fondo  di
amministrazione   per  il  finanziamento  del  trattamento  economico
accessorio  dei dirigenti ovvero ai fondi perequativi istituiti dagli
organi di autogoverno del personale di magistratura e dell'Avvocatura
dello  Stato  ove  esistenti;  la medesima disposizione si applica al
compenso  spettante  al  dipendente pubblico per i collaudi svolti in
relazione  a  contratti  pubblici  di lavori, servizi e forniture. Le
disposizioni   di  cui  al  presente  comma  si  applicano  anche  ai
corrispettivi   non   ancora   riscossi   relativi   ai  procedimenti
arbitrali c.d.  ai  collaudi  in corso alla data di entrata in vigore
della legge di conversione del presente decreto».
   Qualora  dette disposizioni si interpretino nel senso di immediata
applicazione  agli  enti  territoriali  ed alle Regioni, se ne deduce
l'illegittimita'  costituzionale per violazione dell'art. 117, quarto
e  sesto comma della Costituzione, e dell'art. 119, primo comma della
Costituzione.